L’ipnosi è un fenomeno sfuggente. E’ ancora dibattuto se l’ipnosi sia uno “stato” mentale a sé o semplicemente una variante dello stato di veglia (o stato di vigilanza). L’etimologia della parola non aiuta a fare chiarezza: hypnos, in greco, vuol dire sonno. Oggi sappiamo che l’ipnosi non ha nulla a che vedere con il sonno; tuttavia il termine venne coniato nella prima metà dell’800 dal medico scozzese James Braid nell’accezione di neuro-ipnosi o “sonno nervoso”, in opposizione al “sonno naturale”. La definizione del fenomeno data da Braid è di una sorprendente modernità:
[…] the real origin and essence of the hypnotic condition, is the induction of a habit of abstraction or mental concentration, in which, as in reverie or spontaneous abstraction, the powers of the mind are so much engrossed with a single idea or train of thought, as, for the nonce, to render the individual unconscious of, or indifferently conscious to, all other ideas, impressions, or trains of thought. The hypnotic sleep, therefore, is the very antithesis or opposite mental and physical condition to that which precedes and accompanies common sleep […]—Braid, Hypnotic Therapeutics, 1853[…] la reale origine ed essenza della condizione ipnotica è l’induzione di uno stato di astrazione o di concentrazione mentale in cui, come durante il sogno ad occhi aperti o un’astrazione spontanea, i poteri della mente sono talmente assorbiti da una singola idea o da “treni” di pensiero da rendere l’individuo incosciente, o diversamente cosciente, da ogni altra idea o impressione o pensiero. Il sonno ipnotico, pertanto, è in totale antitesi con la condizione mentale e fisica che accompagna il sonno normale […]—Braid, Hypnotic Therapeutics, 1853
Questa teoria venne ripresa da J.H. Schultz, creatore del metodo del Training Autogeno, e da praticamente tutti gli autori successivi fino a Bandler e Grinder con la loro PNL (Programmazione Neuro-Linguistica). L’ipnosi viene descritta e spiegata nei termini di cui sopra da tutti i manuali aventi per autori ipnotisti di grido come Derren Brown, Anthony Jacquin, Jonathan Royle, noti al pubblico televisivo anglosassone per i loro spettacolari esperimenti “in diretta”. Persino moderni manuali di ipnosi per la sedazione clinica [4] fanno riferimento al modello sopra descritto, per quanto oggi superato. Sicuramente questa teoria, per quanto datata, ha il vantaggio di essere relativamente semplice e di riuscire a fornire una spiegazione accettabile e in qualche modo familiare ai soggetti che vogliano sottoporsi a ipnosi. Vedremo che, paradossalmente, ciò influenza l’efficacia dell’ipnosi stessa.
Per una spiegazione aggiornata e plausibile dell’ipnosi occorre abbandonare la psicoanalisi e rivolgersi ai nuovi modelli della mente elaborati dalle neuroscienze alla luce delle recenti tecnologie di neuroimaging. Gli scanner a emissione di positroni (PET, Positron Emission Tomography) e la risonanza magnetica funzionale (fMRI, functional Magnetic Resonance Imaging) hanno, negli ultimi 20 anni, aperto una finestra sempre più estesa sul funzionamento del cervello. Queste macchine consentono la visualizzazione in tempo reale di gruppi di neuroni quando passano da uno stato quiescente ad uno stato di attività; è diventato quindi possibile lo studio strutturale e funzionale della “mente” in maniera oggettiva e ripetibile. Oggi è quindi possibile un approccio all’ipnosi molto più razionale rispetto al passato, quando il cervello e i suoi processi erano confinati in una scatola nera imperscrutabile. Nasce quindi l’era dell’ipnosi neuroscientifica o NSH.
Prima di esaminare il fenomeno “ipnosi” è necessario definire il “dominio” in cui tale fenomeno avviene. Ovvero: non ha senso descrivere e spiegare un caso particolare senza avere nozione del caso generale. Gran parte della trattazione che segue è basata sul lavoro del neuroscienziato inglese Chris D. Frith, che ha dato un grande contributo all’indagine scientifica sui meccanismi percettivi grazie ai quali interagiamo con il mondo [5].Nella seconda parte di questo articolo saranno illustrati i concetti alla base della codifica predittiva operata dalla nostra mente per creare una mappa della realtà. Tale codifica porta alla creazione dei “mattoncini” della nostra mappa mentale del mondo esterno: i Modelli Mentali Predittivi (MMP).A presto, alla seconda parte!
- Coué, E. (1922), Self mastery through conscious autosuggestion. New York, Malkan publishing co., inc.
- Il termine “subcosciente”, per indicare i processi mentali che avvengono al di là della consapevolezza, venne coniato dallo psicologo francese Pierre Janet (1859-1947) [3]. In psicanalisi, il termine considerato più corretto è “inconscio”; tuttavia “subcosciente” viene maggiormente utilizzato in relazione con l’ipnosi.
- Freud, S. (1915), Introduzione alla Psicoanalisi. Torino, Ed. Sagittario
- Lang, E.; Laser, E. (2009), Patient sedation without medication – Rapid rapport and quick hypnosis techniques.
- Firth, C. (2007), Making Up the Mind: how the brain creates our mental world. Blackwell Publishing
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